Secondo me, la globalizzazione ha portato sia più svantaggi che vantaggi: innanzitutto, tramite il processo di delocalizzazione produttiva, le multinazionali, che sono le aziende che mantengono la casa madre in un determinato paese, ma spostano le filiali produttive in altri paesi esteri, hanno creato delle industrie in altre zone del mondo, dove ci sono più sgravi fiscali, una legislazione meno severa e, soprattutto, un costo della manodopera minore, in particolar modo il Sud del mondo è stato colpito da questo fenomeno; tuttavia, facendo così, sono state chiuse molte aziende nei paesi natale di queste aziende, aumentando la disoccupazione; inoltre, cercando di abbassare I salari, si arriva all abuso della manodopera femminile e infantile e, ci tengo a ricordarlo, secondo I dati dell Ilo, nel 2013, c erano 215 milioni di bambini in età primaria che non hanno potuto frequentare la scuola, un dato in netto miglioramento dal 2000, quando ce n erano 246 milioni, ma sempre troppo elevato. C'è, comunque, un "però": la globalizzazione ha aiutato particolarmente le zone in cui vi erano già programmi avanzati, come gli U.s. A e il Giappone, ma anche quei paesi che disponevano di costi della manodopera bassi: in questi ultimi, sono state intraprese due strade: laddove vi era un costo della manodopera basso, sono state trasferite le aziende delle multinazionali, che stanno intraprendendo sempre più un processo di economia "transnazionale", basato, cioè, sul far produrre a ogni filiale un pezzo di prodotto, per poi assemblare il tutto in un'altra filiale, mentre, laddove vi era una mentalità chiusa, portata all'ubbidienza dello stato, sono spuntate dal nulla delle aziende, come nei Nic - I "New Industrialized countries", ovvero I "paesi di nuova industrializzazione" -, ovvero Singapore, Corea del Sud, Hong Kong e Taiwan, che hanno avuto un boom economico almeno fino alla fine degli anni '90 del secolo scorso e che, del resto, hanno trainato le cosiddette "Tigri Asiatiche", come Malaysia, Filippine e Indonesia.
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